
L'atmosfera cupa e decadente che si respirava nel primo decennio dalla caduta del comunismo ha lasciato il passo a un dinamismo sociale e imprenditoriale che ha impresso al paese una rapida mutazione.
A Tirana si racconta di opere di ammodernamento realizzate quasi dall'oggi al domani, come il ripristino di una moderna illuminazione stradale o l'adozione di una toponomastica di tipo europea, con cartelli stradali a evidenziare i nomi delle strade, che sostituisce il più oscuro sistema di stampo ottomano.
Grattaceli sorgono in pochi mesi cambiando lo skyline della città. Nel frattempo, spinti dalla crisi europea, ma anche dalla voglia di tornare e investire nella propria patria, molti albanesi fanno ritorno dopo anni di migrazione e iniziano percorsi di lavoro, importando le logiche e le mode dei paesi dove hanno vissuto: Italia, Germania, Grecia, Stati Uniti. E molti stranieri, italiani inclusi, compiono lo stesso percorso scegliendo questo piccolo paese balcanico come luogo per sviluppare progetti di lavoro.
Ma la vecchia Albania non è ancora scomparsa. Spesso, all'accelerazione delle città, che attraggono la maggior parte dei rientrati e degli investimenti stranieri, corrisponde una realtà del tutto diversa dei villaggi e delle periferie del paese, dove sono ancora un problema infrastrutture basilari come il sistema di trasporti, l'accesso a scuole e sanità.
L'Albania è un paese a due velocità, che unisce un dinamismo e uno sguardo ottimista verso il futuro a sacche di profonda povertà e a un'eredità pesante del passato dal punto di vista delle strutture politiche e statali. Un mélange umano ricchissimo e non omologato in un'Europa che si dirige a grandi passi verso un'omologazione culturale e persino estetica e somatica, frutto ineludibile e contraddittorio del lungo processo di unificazione degli ultimi decenni.
Questa non omologazione passa anche dalle facce, colte nei ritratti di questo progetto fotografico. Il destino dell'Albania, probabilmente e anche auspicabilmente, sarà quello di un progressivo avvicinamento agli standard europei, in vista di un prossimo ingresso del paese nell'Unione. Un percorso che è già visibile negli sguardi e nei volti di alcune donne ritratte, all'opposto dei volti e degli sguardi di quel mondo balcanico ancora legato al mondo contadino che si incontra percorrendo anche solo pochi metri fuori città. Scelte di vita e percorsi molto distanti tra loro – dalla showgirl all'operatrice sociale, dalla mendicante alla tessitrice manifatturiera – che pur nella distanza mantengono un tratto comune e fortissimo di questo paese isolato per anni dal resto del mondo. Radici comuni e direzioni diverse, che colgono un momento storico di profonda mutazione.
Perché le donne? Perché nei loro volti radici e contraddizioni, omologazione e resilienza, sono più evidenti. Nel ruolo sociale, a cavallo tra una concezione arcaica della femminilità e una grande ricettività delle ragazze albanesi alle istanze del mondo contemporaneo. Una galleria di volti femminili e dei loro diversi mestieri, che raccontano la mutazione dell'Albania contemporanea.
Albania, 2014 (Scutari/Tirana/Pianura della Zadrima/Fierzë)
L'atmosfera cupa e decadente che si respirava nel primo decennio dalla caduta del comunismo ha lasciato il passo a un dinamismo sociale e imprenditoriale che ha impresso al paese una rapida mutazione.
A Tirana si racconta di opere di ammodernamento realizzate quasi dall'oggi al domani, come il ripristino di una moderna illuminazione stradale o l'adozione di una toponomastica di tipo europea, con cartelli stradali a evidenziare i nomi delle strade, che sostituisce il più oscuro sistema di stampo ottomano.
Grattaceli sorgono in pochi mesi cambiando lo skyline della città. Nel frattempo, spinti dalla crisi europea, ma anche dalla voglia di tornare e investire nella propria patria, molti albanesi fanno ritorno dopo anni di migrazione e iniziano percorsi di lavoro, importando le logiche e le mode dei paesi dove hanno vissuto: Italia, Germania, Grecia, Stati Uniti. E molti stranieri, italiani inclusi, compiono lo stesso percorso scegliendo questo piccolo paese balcanico come luogo per sviluppare progetti di lavoro.
Ma la vecchia Albania non è ancora scomparsa. Spesso, all'accelerazione delle città, che attraggono la maggior parte dei rientrati e degli investimenti stranieri, corrisponde una realtà del tutto diversa dei villaggi e delle periferie del paese, dove sono ancora un problema infrastrutture basilari come il sistema di trasporti, l'accesso a scuole e sanità.




Questa non omologazione passa anche dalle facce, colte nei ritratti di questo progetto fotografico. Il destino dell'Albania, probabilmente e anche auspicabilmente, sarà quello di un progressivo avvicinamento agli standard europei, in vista di un prossimo ingresso del paese nell'Unione. Un percorso che è già visibile negli sguardi e nei volti di alcune donne ritratte, all'opposto dei volti e degli sguardi di quel mondo balcanico ancora legato al mondo contadino che si incontra percorrendo anche solo pochi metri fuori città. Scelte di vita e percorsi molto distanti tra loro – dalla showgirl all'operatrice sociale, dalla mendicante alla tessitrice manifatturiera – che pur nella distanza mantengono un tratto comune e fortissimo di questo paese isolato per anni dal resto del mondo. Radici comuni e direzioni diverse, che colgono un momento storico di profonda mutazione.
Perché le donne? Perché nei loro volti radici e contraddizioni, omologazione e resilienza, sono più evidenti. Nel ruolo sociale, a cavallo tra una concezione arcaica della femminilità e una grande ricettività delle ragazze albanesi alle istanze del mondo contemporaneo. Una galleria di volti femminili e dei loro diversi mestieri, che raccontano la mutazione dell'Albania contemporanea.
Albania, 2014 (Scutari/Tirana/Pianura della Zadrima/Fierzë)